27 Aprile 2020

Scene di vita quotidiana

di Redazione Cralt Magazine
CraltMagazine appoggia la campagna #IoRestoaCasa con la Fondazione Musei Civici di Venezia e altre realtà museali italiane. Se non potete venire nei musei, sono i musei a venire da voi. Ogni giorno una storia, un gioco, un'opera, non per consolazione ma perché l'arte è vita e la vita è, anche, arte

La storia del quadro Le due dame sta dentro un'altra storia, quella di Vittore Carpaccio artista veneziano negli anni a cavallo fra Quattrocento e Cinquecento, e un'altra storia ancora, di quando la tela è stata divisa e il soggetto si è così separato dalla narrazione che l'aveva prodotto. Del dipinto su tavola Le due dame del 1490/95 si ha notizia nel 1830, nell'inventario della collezione Correr, nucleo fondativo delle collezioni dei Musei Civici di Venezia e del Museo Correr, ma senza dettagli sulla sua provenienza. Nell'inventario stilato per la donazione le dame sono descritte come "due donne che scherzano con due cani”, vent'anni dopo in una Guida di Venezia e delle isole circonvicine sono "due giovani maliarde", trent'anni dopo ancora John Ruskin scriverà nei suoi taccuini della straordinaria bellezza del dipinto. Nel 1906 esce la prima monografia esauriente sul grande narratore Vittore Carpaccio, in cui le dame diventano due cortigiane vezzose "con mollezza della persona e sensualità stanca dello sguardo". Via via delle dame se ne misura la virtù, con esiti alterni, mentre del quadro si discutono le possibilità che sia un frammento o che invece la scelta dell'inquadratura ardita sia stata dell'artista.

Nel frattempo un altro quadro di Vittore Carpaccio conosce una sua avventura. La racconta nel 1963 il collezionista Busiri Vici, di quel quadro che aveva acquistato una ventina d'anni prima dall'antiquario Sebasti a Roma e che poi si rivelò provenire dalla collezione del cardinale francese Fresch, che l'aveva portato a Roma nel 1816 alla caduta di Napoleone, di cui era zio. Il quadro La caccia in laguna non è nella grande mostra su Vittore Carpaccio a Palazzo Ducale del 1963 ma nello stesso anno Ludovico Ragghianti ipotizza che possa essere la parte superiore del quadro delle Dame. Bisognerà aspettare il 1999 per vedere le opere riunite, in una mostra a Palazzo Grassi sul Rinascimento a Venezia, e il 2003 per scoprire con Romanelli che la Caccia in laguna ha una storia collezionistica che precede l'antiquario romano, essendo nell'inventario del 1780 della collezione Algarotti a Venezia.

La scena ricomposta mostra due donne forse in annoiata attesa e uno sfondo con uomini che "caccia di smergi sull'acqua per mezzo di battelli diligentemente eseguiva" come recitava l'inventario della collezione Algarotti. Delle due dame definitivamente riabilitate si nota la purezza, il fazzoletto, le perle, le colombe, il giglio non più spezzato. Il dipinto rappresenterebbe una scena beneaugurante nelle sue allegorie, forse commissionata e destinata a una sposa, era probabilmente unito ad altri pannelli con cerniere di cui c'è ancora traccia, a formare la porta di uno studiolo. La Caccia in laguna è riapparsa nel 1992 nelle sale del Getty Museum a Malibù, ora è nella sede dello stesso museo a Los Angeles. Le due dame sono sempre rinchiuse nel Museo Correr.

Venezia solitaria, deserta, desolata ma anche romantica, che "giace come un fantasma sulla laguna" è la citazione di John Ruskin di Gabriella Belli, parole "che abbiamo sempre letto come una specie di tensione al bello e assoluto che oggi è diventata un'espressione quasi drammatica". Il direttore dei Musei Civici di Venezia ricorda che "la città vive della sua bellezza ma non delle sue relazioni, e in queste i musei hanno sempre un ruolo importante". Le relazioni sono anche l'economia di un museo, oggi sono entrambe compromesse in un contesto globale difficile, "sarà inevitabile ripensare i musei in un futuro nel quale dovremo trovare nuovi modelli sia di partecipazione che di fruizione delle opere d'arte". Viviamo un rallentamento, "una lentezza che è anche opportunità di studio, tempo utile per progetti futuri, non solo progetti di grandi mostre ma di riorganizzazione, di ripensamento del modello dei nostri musei, di come hanno funzionato finora e come potrebbero funzionare nella prospettiva di un mondo cambiato".

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