05 Marzo 2021

La formazione, futuro per i giovani ma non solo

di Redazione Cralt Magazine
Formare professionisti eticamente corretti che possano inserirsi in un mercato del lavoro sempre più complesso attraverso l’acquisizione delle giuste competenze

Il tema della formazione è uno dei più sentiti nel nostro Paese perchè ritenuto da più parti fondamentale non solo per i giovani e per il loro instradamento verso il mondo del lavoro ma anche e soprattutto come concetto di continuità da portarsi dietro ed aggiornare lungo tutta la vita lavorativa.

Nuove professioni ma anche professionalità che si rimodulano e siadeguano alla mobilità ed alle richieste del mercato del lavoro. Essere al passo con i tempi è fondamentale per tutti oggi.

Sulla base di queste considerazioni abbiamo voluto intavolare un'intervista a più voci con Nicola Pighi, Amministratore Unico e CEO, Elisabetta Zichella, Direttore Generale e di Elisa Dal Fiume, Direttore Didattico di Hdemy Group con cui il CRALT ha stipulato una convenzione.

Formazione è nell'immaginario collettivo qualcosa di connaturato alle metodologie per "imparare un mestiere". In realtà non è questo, o non è solo questo: come descriverebbe la vostra realtà a chi, come i nostri lettori, non ha avuto ancora modo di conoscerla?
Questo concetto di formazione è ormai decisamente obsoleto: non possiamo oggi parlarne riferendoci esclusivamente alla trasmissione di un mestiere. Il mondo della formazione oggi deve avere uno sguardo più ampio, e considerare non solo la parte didattica, certamente ancora fondamentale e da mantenere in continuo aggiornamento, ma anche il contesto socio-economico all'interno del quale gli studenti andranno a trovarsi una volta usciti dall'Accademia. È davvero di fondamentale importanza per i nostri ragazzi sapere come dovranno muoversi al di fuori di qui per inserirsi correttamente e il più velocemente possibile in un contesto lavorativo che non ha più nulla a che vedere nemmeno con quello che è stato il nostro dei primi tempi, senza andare a scomodare i nostri genitori o addirittura i nostri nonni. La capacità di adattamento, l'intraprendenza, l'empatia... sono tutte skills che dobbiamo obbligatoriamente aiutare i nostri corsisti a sviluppare. Tutto questo accanto ad una solida etica del lavoro: il rispetto del cliente, a partire banalmente dal rispetto delle consegne e degli appuntamenti, dalla modalità di confronto e di presentazione dei preventivi, fino ad arrivare al rispetto della sua risorsa più preziosa: il suo tempo.
Quali sono le caratteristiche dei vostri percorsi formativi? Come sono strutturati e quali sono i prerequisiti per accedere e quali gli sbocchi lavorativi concreti a conclusione degli stessi?
La nostra Accademia è suddivisa in sei scuole tematiche, ognuna strutturata allo stesso modo: si inizia da un primo anno, che affronta le tematiche di base e crea i presupposti per poter poi affondare solide radici nel terreno dei diversi ambiti di conoscenza, seguito da un secondo e terzo di specializzazione e professionalizzazione. I trienni di formazione hanno una durata variabile dalle 900 alle 1300 ore formative, a seconda del percorso scelto. La metodologia "learning by doing" che ci caratterizza fa in modo di poter dare la giusta alternanza tra materie più squisitamente accademiche, teoriche, ma fondamentali, e laboratori di apprendimento pratico, che aiutano i corsisti a "mettere a terra" tutto quello che hanno imparato in aula, sperimentando direttamente attraverso le più avanzate strumentazioni tecnologiche situazioni reali che vengono proposte di volta in volta anche sotto forma di Contest. Abbiamo infatti il piacere di collaborare con importanti aziende nei
diversi settori del Design, ambito di cui ci occupiamo precipuamente, per creare un match interessante e reale tra il mondo della scuola e quello del lavoro durante il periodo di studio, e in ambiente in qualche modo protetto. Webinar, seminari, momenti di incontro accompagnano la vita dei nostri studenti durante tutto l'anno, anche in questo particolare momento di pandemia globale, proprio grazie alla tecnologia avanzata di cui ci avvaliamo.
L'accesso ai nostri percorsi formativi è libero, ma a numero chiuso per quanto riguarda le lezioni on campus, mentre è a numero aperto sia per la formula Livestream che per la formula Registrata, la più utilizzata da coloro che svolgono un'attività lavorativa e non hanno quindi il tempo di seguire le lezioni con la frequenza normalmente proposta.
Per quanto infine riguarda gli sbocchi lavorativi concreti direi che a questa domanda ho in parte già risposto attraverso la precedente: il mondo del lavoro è profondamente cambiato e ancora cambierà radicalmente nel corso dei prossimi anni. I ragazzi che escono dalla nostra Accademia sono pronti ad essere dei professionisti flessibili, in grado di inserirsi sia in contesti lavorativi più tradizionali che in ambiti più creativi. La scelta starà solo a loro.
Formazione e talento sono due categorie che possono dialogare fra loro? Un talento si può formare?

La formazione è la base per il consolidamento di un talento, il suo aggiornamento, la sua ottimizzazione. Certo il talento è una dote innata, ma oggi il mercato è troppo veloce e "sul pezzo" per ammettere che una abilità non sia continuamente messa a confronto con i molti agenti esterni con cui ci si deve misurare.
Vogliamo dare qualche consiglio, una dritta come si usa dire oggi, a chi si avvia al mondo del lavoro e magari possiamo tracciare un ideale identikit di quali sono i profili che il mercato del lavoro oggi richiede di più?
Mi ricollego ad un concetto attuale: le professioni che svolgeremo tra 15 anni oggi ancora non esistono. Penso che sia tutto qui. Prima di tutto va costruita una base: le soft skills. Troppo spesso la formazione obbligatoria non ne tiene conto, anzi sono rarissimi i casi in cui alle scuole superiori si lavori in questa direzione. Come secondo aspetto è importante la multidisciplinarietà con cui si vede un determinato settore, si ricercano sempre più approcci in ottica di project management. Senza contare che l'innovazione tecnologica, la sostenibilità sono elementi cardine delle professioni del futuro. Ai giovani di oggi proporrei di uscire dalla propria confort zone, dalla propria consolle di gaming, dagli schemi della pigrizia come alibi per non mettersi in gioco. Non abbiate paura di fare, siate curiosi, siate imprenditori di voi stessi. Investire su sé stessi, con impegno, costanza, tenacia, studio, fatica è un investimento sicuro.
Soffermiamoci infine sul Design come professione del futuro, ma anche del presente, e tutte le sue tante applicazioni ai vari ambiti lavorativi.
In un mondo dinamico, globalizzato, che non conosce confini (e forse proprio la nostalgia per i confini e un po’ di staticità contribuisce a spiegare certe involuzioni politiche), la contaminazione non è semplicemente seguire il flusso della corrente. È un gesto di generosità, di coraggio, ma anche di buon senso. Rinchiudersi in ghetti e torri d’avorio significa, bene che vada, fossilizzarsi. Nel peggiore dei casi, morire. È con questa premessa, non completamente mia, ma che cito parzialmente che rispondo alla domanda postami. Tale presupposto vale anche per il design, che deve essere interdisciplinare. E lo diventerà sempre di più. È questa, del resto, la lezione di un visionario del XXI secolo come Steve Jobs, che già nel 1973, in una domanda di lavoro messa di recente all’asta, alla voce “studi” scriveva “letteratura inglese”, ma subito sotto sottolineava le sue abilità nell’uso del computer e del calcolatore, le sue competenze come “Designer Engineer” ed esperto digitale. E del resto è ormai risaputo che la passione di Steve Jobs per i font, maturata durante un seminario di calligrafia, ha cambiato la storia dell’informatica. Il design si sta sempre più contaminando. Tecnologizzando. Aprendosi a nuovi mondi. Un esempio di questa "contaminazione" del design è Simone Simonelli cui dovremmo certo prendere spunto a partire da alcune sue riflessioni. Il fatto che oggi c’è una grandissima opportunità: quella di contaminarsi con, e farsi contaminare da, altre competenze». Anziché vedere il design come un mondo chiuso, con le sue colonne d’Ercole in settori gloriosi ma tradizionali come l’Interior design e il Furniture design, si può andare plus ultra, verso i lidi di competenze più tecniche e tecnologiche. Ma sempre in un’ottica di centralità delle esigenze umane. «Vedo studenti che con estrema facilità scrivono codici su Arduino e poi progettano in 3D, e a volte mischiano queste due competenze. Vedo ragazzi che sanno montare nelle borse sensori incredibili». «Quando avevo la loro età non sapevo fare tutte queste cose: probabilmente gli insegnamenti erano più monotematici, adesso si impara la contaminazione». La domanda da porci ora è se il mondo del lavoro è in grado di recepire questa "contaminazione". In generale, questa è una fase carica di difficoltà e di diffidenze culturali, che va affrontata con maturità. È un momento decisivo». Un momento che richiede, appunto, capacità di sapersi ibridare, e di essere multidisciplinare. Un momento in cui il designer singolo, da solo, rischia di non bastare più. Da qui la necessità, appunto, di studi con una struttura di una certa ampiezza, dalla vocazione multidisciplinare; studi-officina (come la nostra NAD Nuova Accademia del Design) dove, oltre al progetto, si abbozza pure il prototipo, magari una versione 0 del prodotto, e si fa sperimentazione sulle tecnologie per dare al nuovo designer la possibilità di vedere realizzato ciò che ha concepito, creato e progettato.


Elisabetta Zichella, Direttore Generale di Hdemy Group s.r.l.
Short Bio: Elisabetta Zichella forte di oltre 20 anni di esperienza sul campo, si occupa da sempre di strategie di Marketing, Business Development e di Consulenza Imprenditoriale. Dopo una significativa esperienza nell’ambito della formazione, si è specializzata nel mondo delle Start-up posizionandosi all’interno del mercato del Nord Italia in particolare nel Triveneto. Oggi ricopre il ruolo di Direttore Generale di Hdemy Group s.r.l.

Elisa Dal Fiume, Direttore Didattico di Hdemy Group s.rl.
Short Bio: Elisa Dal Fiume dopo la formazione in Relazioni Pubbliche e Pubblicità presso lo IULM di Milano, ha maturato un’importante competenza nell’ambito dell’organizzazione e della gestione delle risorse umane lavorando per due decenni come direttrice e responsabile retail di importanti brand nazionali e internazionali; oggi ricopre il ruolo di Direttore Didattico di tutti i brand di Formazione di Hdemy Group s.r.l.

Nicola Pighi, Amministratore Unico e CEO di Hdemy Group s.r.l
Short Bio: Nicola Pighi è un imprenditore poliedrico che ha sempre fatto dell’innovazione uno dei suoi principali valori.
Essere pionieri, per molti, è un azzardo. Per altri, invece, rimane solo un sogno nel cassetto. Nicola Pighi ne ha fatto uno stile di vita e di business. La sua storia imprenditoriale spazia dal retail, al food, alla realizzazione di unità produttive offshore e da 15 anni è legata al mondo della formazione accademica, in aula e a distanza. Ed è emblema di saper vedere oltre, di immaginare il futuro per primi.