Il Settecento a Venezia è un secolo estremamente creativo. E' ancora una città che cresce, cosmopolita, ricca e innovativa, che avviandosi verso la fine della Repubblica vive la sua ultima grande stagione. Il suo artista più celebre, pur se in illustre compagnia, è Antonio Canal detto Canaletto, che qui nasce nel 1697. Suoi compari sono Tiepolo, Guardi, Carlevarijs, Sebastiano Ricci, le loro bellissime opere sono oggi alle pareti del Museo del Settecento Veneziano a Ca' Rezzonico. Figlio d'arte di una dinastia di scenografi, Canaletto è pittore dalla carriera folgorante, che si consolida anche grazie all'incontro con l'ambasciatore e mercante Joseph Smith e alla loro capacità di intercettare lo spirito del tempo.
Nella corte di Joseph Smith, imprenditore, ambasciatore dell'Inghilterra a Venezia e viceversa, gravitano diverse personalità che trattano di palladianesimo internazionale, battaglie illuministe, filosofia sperimentale (ovvero fisica). Smith si fa espositore e venditore delle opere di Canaletto, fa anche riprodurre a stampa serie di sue vedute che riunisce in album, il Prospectus Magni Canalis Venetiarum del 1735 dell'incisore Antonio Visentini appositamente incaricato (le sue incisioni sono patrimonio del Gabinetto Disegni e Stampe dei Musei Civici di Venezia).
Si apre il mercato inglese, sono anni in cui i grandi artisti frequentano le corti reali, come i coetanei Tiepolo e Rosalba Carriera, Canaletto non è da meno. Nel 1746 si trasferisce a Londra, l'avventura dura una decina d'anni, fa poi ritorno a Venezia, dove morirà nel 1768. Nella sua vita ha prodotto moltissimo, tele più grandi e formati commerciali, più adatti alla remunerativa richiesta estera, con tecniche innovative, mente aperta e luce vivida.
Il vedutismo nasce con la pubblicazione nel 1703 della raccolta di oltre 100 disegni intitolata Le fabbriche e vedute di Venezia disegnate, poste in prospettiva et intagliate da Luca Carlevarijs, l'artista che poi Canaletto insidiò è scalzò nel mondo della committenza. La camera ottica mette in forma l'oggettività, Canaletto come altri la studia, e ci gioca, fedele nella composizione prospettica talvolta inserisce colonne, trasforma bifore in trifore, ma nella sua pittura che definiamo fotografica l'atmosfera è esatta quanto la geometria (la sua camera è conservata anch'essa al Museo Correr, come quella del vedutista Francesco Guardi). La Venezia di Canaletto è esposta nella sua monumentalità gentile e vibrante, con mano esatta da cronista e abile narratore di architetture, e uno sguardo che indaga il tempo come lo spazio. Una città pressoché immutata che definisce il suo presente dalle fogge dei suoi abitanti, lavoranti e visitatori, di allora come d'oggi.
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