L’immagine della donna manager – imprenditrice e responsabile di importanti attività economiche- è una di quelle che più spesso utilizziamo per rappresentare il punto di avanzamento (e non certo di arrivo..) delle battaglie per le pari opportunità e per l’ evoluzione del costume, cui hanno contribuito le figure di donne dalla schiena dritta che abbiamo incontrato in queste pagine.
Ciò è sicuramente vero, ma sbaglieremmo se immaginassimo di trovarci di fronte ad una realtà tipica solo dei nostri tempi, magari a partire dai rutilanti anni 80 del secolo passato. La prova ce la fornisce Eleonora Duse: sì, proprio la Divina, carismatica e “magnetica” artista ancor oggi simbolo dell’attrice per definizione, che fu anche eccellente imprenditrice nel mondo dello spettacolo in tutto il mondo.
La sua fu la vita di una “predestinata” fino dalle prime ore: la Duse vede la luce nell’ottobre del 1858 in una modesta camera d’albergo a Vigevano, dove si trova in tournée la ancor più modesta compagnia teatrale dei genitori. La piccola Eleonora a soli 5 anni è già in cartellone (interpreta Cosettanella messa in scena di un’opera sintomatica: i Miserabili..) e però cresce, nella vita così come sul palcoscenico, attraverso una gavetta che le permette via via di cimentarsi nei repertori più diversi, tanto da affermarsi a 20 anni come la più talentuosa giovane attrice italiana. Questa consacrazione merita 2 parole: venne “celebrata”nel 1879 con un passaggio di consegne dalla sua maestra, la primadonna dell’epoca Giacinta Pezzana, allorché in una memorabile messa in scena di “Teresa Raquin” le due attrici dettero vita ad una performance leggendaria, riportata nelle cronache dell’epoca e suffragata dalla decisione negli anni successivi di …non mettere più in scena l’opera di Zola, ad evitare impietosi confronti!
Diventata primattrice, la Duse porta in scena i classici ed i contemporanei: Goldoni, Verga, Ibsen, Dumas, D’Annunzio. Dalle cronache dei suoi spettacoli ci arriva il senso quasi di stupore di chi la vede recitare: lontana dal manierismo ottocentesco, sorprende per i toni sommesi, l’assenza di qualsiasi maquillage, il magnetismo che deriva dal rappresentare il personaggio non come professionista della scena, ma vivendolo in prima persona (“nervosamente”, come lei ebbe a dire, quasi trattenendone una parte solo per sé).
Quella della Duse è una recitazione rivoluzionaria che divide critici e spettatori: c’è chi la rifiuta come non-attrice e chi la sostiene con entusiasmo: in questo partito militano spettatori con una qualche credibilità: Checov (“la Duse non recita mai, è sé stessa sulla scena”), George Bernard Shaw (“La sua è la recitazione più moderna che io abbia mai visto”), Charlie Chaplin (“è l’artista più grande di ogni tempo”).
A questa Duse che in qualche modo già tutti conosciamo, se ne aggiunge quasi contemporaneamente un’altra: l’attrice ha solo 28 anni quando diventa impresaria e fondala “Compagnia drammatica della città di Roma”. Giovane e osannata star sul palcoscenico è assieme capace di programmare i cartelloni delle stagioni teatrali, assumere attori e tecnici, definire il calendario degli spettacoli con impresari ed agenti teatrali di tutto il mondo. Si consacra così per Eleonora una fama universale: recitain tutta Europa, nel 1884 al castello di Windsor davanti alla Regina Vittoria e poi in Africa, negli Usa e nell’America del Sud (anche di fronte all’ ancora regnante imperatore del Brasile).
E’ dalle azioni di una donna così poliedricamente capace di sostenere sfide tanto rilevanti che si affermano quelli che la Duse chiama i “sacrosanti diritti delle donne”: l’attrice sarà nel Comitato d’Onore del congresso femminista di Roma del 1914 e fonderàpoi la “Libreria delle Attrici”, perché – è sempre lei che lo scrive- “le giovani interpreti escano dal chiuso cerchio e entrino nella vita intellettuale moderna”. E la Divinasicuramente fu parte di quella vita, interlocutrice sensibile e profonda di tutta “l’intellighenzia” dell’epoca: Deledda, Papini, Fogazzaro, Pirandello, Prezzolini, Gobetti.
Visse una vita pienamente moderna, ben prima delle donne in carriera dei rotocalchi o dei film americani, sul palcoscenico e al di fuori di esso, come nelle varie - e forse troppo morbosamente vivisezionate - storie sentimentali con l’anziano Arrigo Boito ed il più giovane Gabriele D’Annunzio che, en passant, trovò il modo di farsi finanziare e mettere in scena alcune opere, cavandosela poi, all’indomani della scomparsa della Duse con un troppo semplice "è morta quella che non meritai”.
Già, pure l’uscita di scena fu da vera star: a Pittsburgh, durante una tournée negli USAla sua avventurafinì in una camera d’albergo, proprio come era cominciata 66 anni prima. La morte e l’oblio non si addicono però alle Divine, che rimangono comunque sul palcoscenico, direttamente o come punto di riferimento per chi entra in scena dopo di loro: se non ci credete, guardate un po' con attenzioneil ritratto alle spalle di una giovane Marilyn Monroe negli anni ’50.