16 Febbraio 2019

Mujeres verticales: Felicia Impastato

di Franco Moraldi
Felicia nasce in provincia di Palermo nel 1916,  un secolo fa,  ma quell’Italia pare più lontana nel tempo e, forse, anche nella latitudine e nella sua vita non sarà solo la mamma di Peppino Impastato

In queste riflessioni sulla vita di donne con la schiena dritta, poche volte potremo incontrare un’esistenza così improntata al coraggio, alla dignità, all’amore per un figlio, come nel caso di Felicia Impastato.

Son convinto che tutti ne conosceranno la storia:  Felicia nasce in provincia di Palermo nel 1916,  un secolo fa,  ma quell’Italia pare più lontana nel tempo e, forse, anche nella latitudine:  giovane ragazza si trova un matrimonio  “combinato” fra le famiglie e, già prossima all’altare, si innamora di un altro e, “semplicemente”, rifiuta di seguire la volontà della famiglia!

Ottanta anni fa, in Italia: tanto diverso da quanto accade sempre in Italia oggi, magari fra migranti di seconda generazione?

Comunque l’amore “vero” che poi sposa non è esattamente uno stinco di santo: appartiene ad una “importante” famiglia mafiosa e Felicia, pur innamorata, non tarda ad accorgersene e si fa sentire, minacciando il marito di tornarsene dalla madre; più di lei se ne accorge il primogenito, Peppino, altro tipo che non le manda a dire: si ribella al padre e  viene cacciato da casa, fa attività politica, fonda la radio libera “Radio Aut” e si scatena contro la mafia locale che in paese, Cinisi, ha un nome e cognome: “don” Tano Badalamenti.

Ecco perché questa storia la conoscete: anni fa uscì un film :“I cento passi” e Luigi Lo Cascio era proprio Peppino.

Ricordate forse allora anche la drammatica conclusione, del film e della vita del figlio di Felicia: rapito dalla mafia e legato ad un binario ferroviario Peppino viene ucciso – simulando maldestramente un attentato esplosivo non riuscito- proprio lo stesso giorno in cui a Roma viene ritrovato il corpo di Aldo Moro, coincidenza sicuramente casuale che comunque mette in ombra questa morte, a rispetto a quella dello statista democristiano.

Ma tutto questo non basta a fiaccare lo spirito di Felicia, che continua la sua battaglia combattendo contro le ricostruzioni di comodo, le indagini incomplete, l’omertà: fa conoscere a chiunque la storia del figlio, incontra giovani, non tiene affatto la bocca chiusa, fino a costituirsi parte civile nel processo sull’omicidio di Peppino. La giustizia, lentamente, fa la sua strada: prima una sentenza riconosce l’omicidio, sia pure per mano ignota, poi – 24 anni dopo i fatti - condanna proprio Badalamenti come mandante.

Già, ecco di chi parliamo: di una anziana donna vestita di nero, curva ma con la schiena drittissima, che in un’aula di tribunale contribuì a far condannare all’ergastolo uno dei capi di Cosa Nostra.

La storia non finisce qui, la vita vera non è come un film, sia pure bello: dal 2005, un anno dopo la morte di questa madre coraggio, viene aperta a Cinisi la “Casa Memoria di Felicia e Peppino Impastato”: un luogo aperto in cui la società civile può incontrarsi, raccogliere informazioni sul fenomeno mafioso, ricostruire gli eventi un tempo rimossi.

Mamma, la lotta continua!” le direbbe forse quel figlio scapestrato di Peppino

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