16 Aprile 2020

Turchia

di Stefano Torcellan
Questa è la prima parte di un diario di viaggio emozionale che il nostro socio Stefano Torcellan ha voluto scrivere e che noi abbiamo accolto con grande gioia perchè ci permette di riconnetterci con il Viaggio come idealità. Nelle prossime settimane altri ne seguiranno e, se volete, perchè non percorrete anche voi la strada tracciata dal sig. Torcellan? Inviateci i vostri diari, ricordi, esperienze vissute con il Cralt e saremo molto felici di pubblicarli e tenerci così compagnia
Ho trascorso più di due mesi in giro per la Turchia (maggio 2017 e dicembre-gennaio 2019-20). Ed è stata una esperienza formidabile e ho avuto modo di conoscere un popolo meraviglioso!
Ma la decisione di visitare quel Paese fu “sofferta”, per una iniziale contrapposizione con mia moglie che non riusciva a comprendere il mio ritegno nell’esaudire questo suo intento.
Ad un veneziano, diciamo … “sensibile”, non bisognerebbe mai parlare né di Napoleone né dei turchi, perché la discussione potrebbe alquanto infervorarsi!
Il primo, perché rubò migliaia di opere d’arte alla Repubblica di Venezia (tuttora esposte in Francia) e contribuì alla sua caduta nel 1797; i secondi, perché (nel bene e nel male) furono i nemici storici della Serenissima per più di quattrocento anni e fecero piazza pulita dello “Stato da Mar”, cioè i possedimenti veneziani nel Mediterraneo.

Sono convinto che questo mio atavico antagonismo verso i turchi risieda probabilmente nel mio DNA. E’ con malcelato orgoglio che faccio risalire la mia origine veneziana all’isola di Torcello, dalla quale deriva il mio cognome e che designava i suoi abitanti. Questa importante isoletta della laguna, era già nota ai romani, ai bizantini e alla Venezia degli albori subordinata, per importanza, a Torcello e ad altre isole.

Mio padre contribuì alla mia formazione storica fin da bambino con racconti sulla nostra città, corroborati da avvincenti percorsi illustrativi. Ricordo ancora con trepidazione quando, certe domeniche di primavera, mi portava a Palazzo Ducale, a san Marco.

Piccolo e sperduto in quelle sale immense spalmate d’oro nelle modanature, assistevo alle vittoriose battaglie navali della Serenissima contro i turchi, dipinte su quadri giganteschi incastonati nelle pareti e nei soffitti.

Con la mia fervida immaginazione riuscivo ad udire il frastuono assordante dei combattimenti, il clangore delle armi, le bordate fumose ed infuocate dei cannoni, le grida di battaglia dei nostri “fanti da mar”. Osservavo quel caotico intreccio di corpi e di remi da cui svettavano gli alti alberi maestri. Focalizzavo i letali scontri sui ponti delle galeazze e delle galee, dalle quali molti uomini precipitavano nel mare spumeggiante. In primo piano sventolavano sempre i vessilli rossi, con leone di san Marco, più defilati, quelli turchi con la falce di luna.

I loro soldati si riconoscevano immediatamente per la loro  carnagione olivastra. Erano ritratti spesso con espressioni arcigne e spietate, con barbe ispide ed incolte. Indossavano curiosi copricapi e giubbe policrome. Agitavano scimitarre insanguinate mentre uscivano all’arrembaggio tra le esplosioni dei cannoni.

Per certi versi ero intimorito da quegli scontri furibondi ma, allo stesso tempo, affascinato. Come in un gioco, mi sentivo coinvolto e partecipe!

Poi, quelle misteriose stanze del palazzo dogale, quella luce quieta e filtrata, quegli odori stantii, quei vecchi arredamenti massicci, mi offrivano conforto per un fantastico tuffo nel passato.

Le stesse vibranti sensazioni me le portavo appresso per molte ore della giornata, suggestionato dall’idea di vivere in quel lontano tempo. L’inalterata (o quasi) struttura edilizia esterna di Venezia me ne dava sostegno.
Allora recepivo un unico messaggio: i turchi erano i nostri acerrimi nemici che avevano distrutto la supremazia navale della Serenissima e ucciso molti veneziani!
E’ davvero difficile superare con razionalità quegli stimoli intensi e per certi versi fuorvianti, che si acquisiscono da bambino.
E proprio per questo, se riuscivo a tergiversare alle insistenze di mia moglie, proponendole altre mete, capitolai quando a dare man forte alla mamma, ci si mise nostra figlia. Così, obtorto collo, partecipai all’organizzazione del nostro primo viaggio in “terra nemica”. Colà ci avrebbero raggiunto dalla Germania, dove tuttora vivono, anche nostro figlio e sua moglie.

Il racconto dello “sbarco”…
Prossimamente!

 

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