Marsā Dālīah, che tradotto suona, più o meno, come "porto della vite" con chiaro riferimento al vino come fattore commerciale predominante della città, era il nome con cui gli arabi identificavano la cittadina di Brolo con il suo Castello che domina dall’alto la sicula ‘Costa Saracena’.
La costruzione risale al X secolo d.C., in epoca normanna fu conosciuto come Voab, cioè “Rocca marina“. Da sempre dimora molto ambita, per la posizione sul territorio ma non solo, annoverata fra i possedimenti prima di Ruggero I (normanni) e poi di Corrado III (svevi) oggi è di proprietà della famiglia Germanà ed ospita al suo interno il Museo delle Fortificazioni Costiere della Sicilia ed il Museo Storico della Pena e delle Torture, .
Per ogni castello che si rispetti non può mancare la leggenda, il mito con annesse e connesse storie ed aneddoti. Anche il Castello di Brolo non sfugge.
“Al balcone del Castello di Brolo è legata anche la leggenda di Maria La Bella, figlia di Francesco I. La principessa era solita aspettare affacciata al balcone il suo amante che sopraggiungeva dal mare. Lo spasimante, una volta raggiunta la torre, si aggrappava alle lunghe trecce dell’amata per raggiungerla in segreto. Il fratello di Maria, accortosi di quanto accadeva, tese però un agguato al giovane, aspettandolo sullo scoglio antistante il Castello e ferendolo a morte. La principessa aspettò per lungo tempo invano il ritorno del suo amato e si racconta che lo spirito innamorato della bella Maria appaia ancora oggi nella notte ai pescatori del luogo”.
Oggi, quella che un tempo fu una fortezza che sorgeva appollaiata su una cresta rocciosa a dirupo sul mare, si propone come un maniero lontano dalla battigia a causa della formazione della sottostante pianura alluvionale.
“Il Museo delle Fortificazioni Costiere, così come il Museo della Pena e della Tortura, offrono al visitatore un importante momento di riflessione su un periodo di storia denso di fascino e di avvenimenti importanti e rendono il Castello di Brolo, testimone prezioso del suo tempo, rendendolo un ponte tra il passato ed il presente della storia siciliana”.