20 Febbraio 2018

Diario di viaggio … pendolare!

di Stefano Torcellan
Curiosità, riflessioni ed aneddoti di chi viaggia ogni giorno ed incontra tanta gente e tante vite nel tragitto che copre

In trent’anni e più di pendolarismo, da Venezia a Mestre e viceversa, ho potuto quasi sempre apprezzare l’ora di viaggio, metà della quale, trascorsa a bordo dei mezzi di trasporto pubblico acqueo, che mi hanno condotto, con relativa lentezza, da casa a P.le Roma (Terminal e accesso per la terraferma).

Di solito mi siedo a prua, sottocoperta, perché lo spazio è contenuto e si può stare un po’ più tranquilli per dedicarsi alla lettura, alla scrittura o semplicemente per osservare, con discrezione, l’avvicendarsi metodico di quei viaggiatori che destano la mia curiosità.

All’andata, ad esempio, ho avuto spesso modo di condividere “la crociera” con un’anziana signora ed il suo bastardino ed assistere così, obtorto collo, al loro consolidato sketch: Il cane, a terra, comincia a guaire fissando la padrona; lei seduta lo accoglie magnanima sulle sue ginocchia. Prende dalla borsa delle crocchette puzzolenti e, facendo conca con la mano, lascia che l’animale sgranocchi rumorosamente il cibo e le lecchi il palmo per asportare i residui. Di mattina presto, senza essere troppo sofistici, una simile esibizione può risultare un po’ sgradevole, sia alla vista che all’odorato. Ma la “mamma” del cuccioletto pare essere di tutt’altro avviso perché, mentre lo sfama, si guarda attorno cercando sguardi di simpatia o di approvazione, per fortuna senza riceverne, altrimenti chissà cosa potrebbe inventarsi per aspirare all’applauso.

Una mattina mi alzai in ritardo e mi imbarcai al volo. Non feci in tempo a bermi il caffè al solito bar! Sarà stata la mancanza di caffeina o la giornata uggiosa, sta di fatto che sentivo sopirsi le mie energie. Il mio stato d’animo di colpo si invertì, quando fui costretto a controllare una risata che mi fece tornare la tempra. Immaginai che qualcuno stesse peggio di me. Sorridendo di sottecchi, pensai che nemmeno un caffè triplo sarebbe bastato a costui per ricaricarsi.

Vidi infatti un ragazzo che si stava approssimando al cancelletto di sbarco, portando sulle spalle un enorme zaino a forma di materasso con la scritta “energy”, che volli interpretare scherzosamente come una batteria vigorosa cui dovesse attingere. 

Durante il tranquillo viaggio sull’acqua, in questi momenti di inattività coatta, può succedere che delle donne sfruttino questo lasso di tempo per dedicarsi al maquillage. In quei gesti sicuri ed accurati, mi pare di captare un nonsoché di misterioso nella coazione a ripetere che si manifesta nel cospargere il fondo tinta o nell’insistere con il rimmel sulle ciglia ed il rossetto sulle labbra. Il trucco estetico è un armonioso surrogato della maschera poiché tende a modificare le fattezze del viso per accrescere la femminilità e l’attrattiva, con un rituale e una dedizione che si replica da tempo immemorabile.

Un giorno incappai in una strana “coppia”: un sacerdote gesuita che conversava garbatamente con una graziosa signora bionda. Stavano seduti con molta disinvoltura su un doppio sedile del natante. Non azzardai a produrre pensieri “strani” poiché una figura dall’accezione numinosa, riprodotta in una grande borsa di carta posta fuori campo, con l’indice di traverso sulla bocca, mi faceva segno di starmene zitto e di pensare agli affari miei. Che dire … un gioco di squadra ed una triangolazione figurativa davvero efficaci!

In una fresca giornata di primavera, mi stavo godendo l’aria profumata sul ponte del vaporetto, quando fui distolto da un trambusto che mi costrinse a girarmi in quella direzione. Di primo acchito mi sembrò di vedere degli uomini in mutande, ma per fortuna era solo una fugace elaborazione mentale. Di fatto avevano imbarcato rumorosamente dei manichini di plastica che venivano posizionati sul ponte di coperta così da creare, una bizzarra scenografia surreale che interagiva visivamente con i passeggeri.

A Piazzale Roma si erge, in tutta la sua sdrucciolevole pericolosità, il “Ponte di Calatrava” ed Il brulicare di persone che lo attraversano per andare al lavoro, viene travisato dal controluce mattutino e proiettato sul parapetto trasparente dove si generano caleidoscopici effetti, simili al teatro delle ombre cinesi che suscitano appaganti sensazioni oniriche.

Il mio viaggio sull’acqua finisce qui, … come Venezia! La mia preoccupazione, dopo lo sbarco, sarà sempre quella di non perdere l’autobus per Mestre, a bordo del quale, non abbandonerò la curiosità di osservare, sempre con discrezione, i viaggiatori immersi indistintamente nel proprio mondo.


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