27 Settembre 2022

Ca’ Dario – Il palazzo dei morti ammazzati

di Stefano Torcellan
Parte prima - Tra il serio ed il faceto

Prospiciente il tratto finale del Canal Grande prima che quest’ultimo si propaghi nel Bacino di San Marco, da più di cinquecento anni, si erge Ca’1 Dario, un palazzo magnifico, immortalato da artisti come Monet, descritto da Ruskin, da D’Annunzio ed ammirato universalmente per la sua particolare bellezza.

Eppure questo modello unico e sublime di gotico fiorito, caratterizzato una facciata asimmetrica rivestita da marmi policromi e da numerosi medaglioni marmorei, possiede tutt’ora una fama sinistra, costruita sulle presunte vicende tragiche e cruente subite dai proprietari che, dal 1479, si sono avvicendati in questa elegante dimora … maledetta!

Già, perché questa è l’insidiosa definizione che si tramanda nella recente tradizione popolare, con lo scopo di creare suggestioni, per compiacere e compiacersi nei racconti che radunavano certe famiglie veneziane davanti alla stufa, molti decenni fa, nelle lunghe notti invernali quando la Tv non c’era ancora.

Una tradizione oggi strumentalmente perpetuata in molti degli articoli spesso fantasiosi che si possono trovare in rete o sulla carta stampata e sfruttata anche da parte di coloro che con il turismo ci hanno a che fare.

In una città magica, è facile dispensare magie a chi le va cercando!

Ma partiamo dall’inizio della vicenda!

Nel 1453 i turchi di Maometto II conquistano Costantinopoli. Venezia è costretta ad abbandonare in fretta e in furia le redditizie basi commerciali conquistate durante la quarta crociata, “la Crociata contro i cristiani” del 1202-1204.

Un quarto di secolo dopo, in un clima di grande tensione con gli invincibili ottomani, il diplomatico e segretario Ducale, Giovanni Dario, riesce a concordare con loro un periodo di tregua. La Serenissima decide di ricompensare con somme di denaro e terre l’abile concittadino, definendolo “salvatore della Patria”. Gran parte del capitale viene impiegato per l’edificazione del palazzo omonimo sul Canal Grande, alla base fa incidere la scritta: “VRBIS GENIO JOANNES DARIO” ("Giovanni Dario, in onore del genio della città"). Scritta che qualche bontempone, forse per corroborare la cupa leggenda del palazzo maledetto, anagrammò così: “SVB RVINA INSIDIOSA GENERO” (“Io genero sotto una insidiosa rovina“).

Veniamo ora ai fatti più o meno veritieri!

Si dice e si scrive che, quella lunga sequela di morti violente e disfatte patrimoniali, iniziò con il suicidio nel Canal Grande, a 32 anni, di Marieta, figlia di Giovanni Dario, disperata per l’uccisione del suo ricco marito Vincenzo Barbaro, tra l’altro caduto in miseria e che uno dei loro tre figli, Giacomo, venne ucciso in una colonia veneziana.

Ebbene, non fu proprio così! Nella maggior parte dei documenti presenti in rete e forse in alcune guide della città, si possono trovare queste notizie fasulle, che hanno lo scopo di mantenere e corroborare la “leggenda nera”, al punto di influenzare certi turisti “bonaccioni” che, informati sulla maledizione gravante su Palazzo Dario, a volte si esibiscono in velati scongiuri, quando si trovano a navigare sul Canal Grande davanti ad esso.

Tuttavia, dalle fonti storiche possiamo rilevare che:

  • nessun documento d’archivio fa riferimento al suicidio per annegamento di Marieta, morta comunque all’età su citata.

  • Suo marito, Vincenzo Barbaro, non viene né assassinato né andrà in rovina!

  • E che il Giacomo ucciso in una colonia veneziana, non era il loro figlio, bensì un discendente omonimo che morì in combattimento nella metà del XVII secolo, (più di un secolo dopo) in conseguenza dell’assedio ottomano della città di Sitia (Creta).

I Barbaro quindi, mantennero serenamente la loro Casa fino all’inizio del XIX secolo, senza che vi fossero tracolli economici o disgrazie degne di nota. Devono passare ben 400 anni prima che la storia del palazzo si “movimenti” un po’ e si vada creando la nomea funesta!

Vi risparmio volentieri la lunga sequela dei vari proprietari deceduti malamente, nonché di acquirenti superstiziosi pentiti, poiché potrete trovare facilmente tutto nel Web, tenendo presente che, molto spesso e come vi ho dimostrato, la realtà storica non coincide affatto con le narrazioni suggestive e cruente ivi descritte.

I proprietari del palazzo morti ammazzati

Cito qualcuno di questi personaggi facoltosi recuperati in internet da vari articoli pressoché identici, così da rendere un po’ l’idea di come la leggenda della maledizione prese piede nell’immaginario collettivo, grazie anche a questi contributi e alla tradizione popolare.

Si dice che, nei primi anni dell’ottocento, il ricchissimo mercante di pietre preziose, tale Arbit Abdoll, (primo proprietario dopo i Barbaro) andò presto in rovina.

Un altro proprietario del palazzo, il miliardario americano Charles Briggs, nel dopoguerra, dovette riparare in Messico per scansare un linciaggio mediatico causato dalle sue amicizie “omossessuali”.

Negli anni ’70 Kit Lambert, manager dei “The Whu”, sempre più dipendente da stupefacenti ed alcool, schiattò nel 1981 in Inghilterra cadendo dalle scale anche se, prima di morire, avesse venduto il palazzo ad un veneziano, Fabrizio Ferrari, morto successivamente in un incidente stradale senza testimoni.

Con il “conte” Filippo Giordano delle Lanze, ci fu il primo e unico caso in cui il proprietario del palazzo morì di morte violenta al suo interno; ma ne parlerò un’altra volta!

Nel 1985, il famoso finanziere Raul Gardini fu probabilmente “suicidato”, per le sue implicazioni nell’inchiesta di “Mani Pulite”.

Il tenore Mario del Monaco, rischiò di perire in un incidente d’auto durante le trattative per l’acquisto del Palazzo “maledetto”. Considerò l’episodio come un ammonimento e rinunciò all’acquisto. Per le ferite subite dovette ritirarsi dalle scene per quasi un anno… 

Ca’ Dario, ora!

Nel 2006, il palazzo è stato acquistato, per otto milioni di euro, da una società americana anonima, sul campanello c’è scritto “Gaussen”. Senza clamori o pubblicità lo ha restaurato completamente … e non è morto (ancora) nessuno!
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[fine della prima parte]

1 Ca’ è la contrazione del termine Casa

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