09 Febbraio 2016

Il Museo Criminologico

di Redazione Cralt Magazine
Oggi lo studio dei sistemi penitenziari e della criminologia vivono un momento di rinato interesse
La storia delle civiltà può essere ripercorsa attraverso la storia delle carceri e delle pene comminate.
Un uomo non può chiamarsi reo prima della sentenza del giudice, né la società può toglierli la pubblica protezione, se non quando sia deciso ch’egli abbia violati i patti coi quali le fu accordata. Quale è dunque quel diritto, se non quello della forza, che dia la podestà ad un giudice di dare una pena ad un cittadino, mentre si dubita se sia reo o innocente? Non è nuovo questo dilemma: o il delitto è certo o incerto; se certo, non gli conviene altra pena che la stabilita dalle leggi, ed inutili sono i tormenti, perché inutile è la confessione del reo; se è incerto, è non devesi tormentare un innocente, perché tale è secondo le leggi un uomo i di cui delitti non sono provati.” (Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene,  XVI. Della tortura)
 
Il Museo Criminologico vedeva la luce nel 1930 e con esso l’Amministrazione penitenziaria italiana realizzava un progetto che già negli ultimi decenni dell’Ottocento era considerato un ottimo supporto per lo studio del sistema penale, oltre che strumento scientifico per la formazione di funzionari e magistrati e di divulgazione al tempo stesso.
Oggi lo studio dei sistemi penitenziari e della criminologia vivono un momento di rinato interesse, anche trainato a livello mediatico, e il Museo Criminologico costituisce una preziosa testimonianza storica sui sistemi punitivi del passato e uno strumento didattico per le scuole e gli istituti di formazione. Fin dalla sua riapertura i curatori hanno avviato un’attività di tutela e conservazione del patrimonio storico e documentale unico in Italia.
La storia del carcere e della giustizia può essere narrata anche attraverso il recupero della memoria che risiede nei luoghi, negli oggetti, nei documenti fotografici e d’archivio, attività in grado di fornire alle nuove generazioni gli strumenti interpretativi di una realtà in gran parte sconosciuta.
Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti” (Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – New York 10 dicembre 1948, art. 5)
 
Cesare Lombroso, già dal 1878, a Torino aveva allestito un museo privato dove conservava una collezione di oggetti collezionati frequentando le carceri in qualità di medico alienista oppure raccolti nel corso di viaggi suoi o inviatigli da colleghi stranieri. Passarono alcuni anni e la raccolta privata di Lombroso trovò accoglienza nei locali messi a disposizione dall’università di Torino. Il museo di psichiatria e antropologia criminale di Lombroso fu ufficialmente inaugurato nel 1892.
Il 28 luglio 1924 fu emanata una circolare in cui l’Amministrazione penitenziaria dispose che le armi confiscate nei procedimenti penali, che avessero pregio d’antichità, artistico o storico, non fossero poste in vendita, bensì inviate a musei, gabinetti scientifici e scuole dell’amministrazione delle carceri.
Il vecchio progetto di un museo criminale dell’Amministrazione penitenziaria proposto dal direttore generale Doria fu così realizzato circa due decenni dopo per volontà del ministro Guardasigilli Alfredo Rocco, che istituì il Museo Criminale con la circolare del 26 giugno 1930: “A cura della Direzione Generale per gli Istituti di Prevenzione e di Pena viene ordinato in Roma un Museo Criminale per raccogliere e per tenere a disposizione degli studiosi gli oggetti di maggior rilievo che attengono, anche indirettamente, alla criminalità”.
 
Nel 1991 l’Amministrazione penitenziaria, consapevole dell’importante patrimonio storico-scientifico del Museo Criminologico, diede avvio a una nuova ristrutturazione con il preciso obiettivo di aprire la struttura al pubblico.  Il nuovo allestimento è stato basato su un percorso cronologico che propone una ricostruzione storica delle tappe fondamentali della storia della giustizia, dall’uso della tortura e della pena di pena di morte fino all’affermazione della pena del carcere che si afferma a partire dalla fine dell’Ottocento. Aree tematiche sono dedicate alla presentazione dei corpi di reato che dal 1930 fino agli anni recenti sono stati destinati da provvedimenti degli uffici giudiziari. Strumenti di tortura testimoniano la crudeltà delle antiche pratiche punitive.
… Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” (Costituzione della Repubblica Italiana, art. 27)