16 Maggio 2016

Il Foro di Herdonia

di Giuseppe Pippo
Obscura, così Silio Italico, autore latino del I secolo d.C., definisce Herdonia e tale aggettivo pesa come una condanna sulla città romana
Per chi volesse passare un finesettimana diverso tra le campagne del Tavoliere e le tracce della sua storia, le vestigia della città romana di Herdonia, presso l’odierna Ordona, sono sempre aperte al pubblico che può visitarle gratuitamente a tutte le ore del giorno, all’arrivo basta solo avvertire il guardiano, il quale per i più piccoli potrebbe far anche vedere i sui magnifici cavalli. 

(fig 1) il sito di Herdonia visto dall’alto
Obscura, così Silio Italico, autore latino del I secolo d.C., definisce Herdonia e tale aggettivo pesa come una condanna sulla città romana. Essa si riscattò da questo appellativo nel II secolo d.C., quando raggiunse il suo apice come centro commerciale, amministrativo e monumentale.
La centralità così ottenuta, in particolare come centro di raccolta e smercio di derrate alimentari, la conservò anche durante i secoli della crisi dell’Impero Romano (III e IV secolo d.C.).
Nel V secolo d.C. al suo ruolo commerciale le fu affiancato il titolo di sede vescovile (è testimoniata nel 499 d.C. la presenza ad Herdonia del vescovo Saturnino Herdonitanus). Quindi, la rilevanza che il centro continua a rivestire, nonostante lo stato di crisi economica e politica generale caratteristici di questi secoli e le numerose distruzioni causate da diversi terremoti (il più distruttivo dei quali fu quello che colpì l’area nel 346 d.C.), trova un’ulteriore conferma nel programma di rioccupazione dell’area dell’abitato realizzato nel XI secolo, quando, conclusasi la guerra greco gotica, che tra il VII e il X secolo aveva determinato l’abbandono dell’area, fu ristabilito un insediamento e innalzato un castello. L’abitato così ricostituito continuerà a vivere fino al XV secolo, quando il castello fu distrutto da Alfonso di Aragona per eliminare una congiura che i feudatari locali, suoi avversari, architettarono proprio nel castello di Herdonia nel 1489 d.C.
Con il XV secolo, l’abitato abbandonato diviene nuovamente “oscuro”, sconosciuto, e resterà tale fino all’inizio delle campagne di scavo sistematiche dirette dal prof. Joseph Mertens per conto dell’Academia Belgica di Roma, nel 1962.
(fig 2) J. Mertens presso gli scavi di Herdonia, colto durante la documentazione grafica (foto archivio Mertens presso l’Università di Foggia)

 Tali scavi, condotti dal 1993 in collaborazione con il Dipartimento di Studi Classici e Cristiani dell’Università di Bari e, negli ultimi anni, in collaborazione con l’Università di Foggia, hanno permesso di far rivivere la città romana, portandone alla luce il castello, il Foro, le terme e le mura.

(fig 3) scavi nell’area del Foro di Herdonia nel 1968( foto Archivio Mertens presso l’Università di Foggia)
Tuttavia, alla riscoperta della città seguì, con la fine degli scavi nel 2000, un progressivo stato di dimenticanza e abbandono; al quale, pongono una forte resistenza i volontari dell’associazione cittadina di Ordona. Questi ultimi, infatti, non solo si dedicano alla pulizia del sito, ma organizzano anche eventi e visite guidate gratuite, come la ricostruzione storica del passato 25 aprile; tutte iniziative che risvegliano l’interesse per questo sito importantissimo della Daunia, a volte definito la “Pompei della Puglia” per lo stato di conservazione degli edifici, così da scuoterlo dallo stato di abbandono in cui era caduto.

Quindi, giunti presso il podere “Cacciaguerra”, all’interno del quale sorge il sito, e attraversata la strada cinta dagli ulivi e dal giardino della casa padronale, nel quale già si scorge la presenza di antichità come un rocchio di colonna o una colonnetta, si arriva al sito, i cui resti visitabili corrispondono a quelli della città del II secolo d.C., cioè della fase di maggiore ricchezza.
Il primo edificio che si incontra sulla sinistra è l’anfiteatro. Costruito nel I secolo d.C. in piena età augustea, l’anfiteatro è attualmente evidenziato solo dalla depressione del terreno, corrispondente alla cavea ellittica, e ai lacerti murari che emergono ancora dal suolo, il resto giace sotto la terra gettata per coprirlo e tutelarlo.
Superato l’anfiteatro si giunge al Foro (figg 4, 5),
             
il centro politico-amministrativo ed economico della città, e sin dalla recinzione, posta a circa 4 metri di altezza dal livello del sito (tale è lo spessore che ha raggiunto la terra accumulatasi nei secoli e che ha obliterato la città) è possibile vedere la strada lastricata, la Via Traiana, che lambisce la piazza forense. Tale via, realizzata durante l’impero di Traiano nel II secolo d.C., è un diverticolo della più importante via Appia che collegava Roma a Brindisi ed  è stata la causa dello sviluppo economico e politico di Herdonia, poiché con essa la città venne inserita nel circuito delle principali vie romane e la collegava a Benevento e a Brindisi col suo porto .

(fig 6) veduta della Via Traiana e del ninfeo
 Dopo essere scesi nella piazza iniziamo ad esplorare il Foro partendo proprio dalla via, che lo costeggiava dopo essere entrata in città dalla porta NE delle mura urbane.
Il primo edificio, quindi,  che costeggia la strada sulla sinistra è caratterizzato da una corte rettangolare porticata, ed è interpretato come una palestra; proseguendo lungo la strada si arriva ad una struttura molto ben conservata, caratterizzata da una grande nicchia ellittica, si tratta di un ninfeo, una fontana monumentale che immaginiamo doveva ristorare i viandanti appena entrati in città.
Al di là del ninfeo oltre la via Traiana, si apre il Foro, una piazza rettangolare lastricata, circondata dagli edifici tipici dei Fori romani e adornata dalle statue degli imperatori romani o dei cittadini benemeriti, che si erano guadagnati, con le loro opere a favore della città, la glorificazione con una statua (delle quali nel sito sono ancora ben visibili i piedistalli con le iscrizioni celebrative). I primi edifici che si aprono sul Foro gli incontriamo alle spalle del ninfeo, si tratta di tre costruzioni che dovevano avere delle funzioni amministrative, è probabile, infatti, che vi si riunissero dei collegi di sacerdoti o di artigiani o il senato stesso; il primo, di dimensioni maggiori degli altri, ha l’accesso al Foro diviso da due colonne; il secondo e il terzo presentano rispettivamente una cisterna e un basamento per una statua oltre a tracce del rivestimento marmoreo delle pareti.
Gli ambienti successivi sono tabernae, costruzioni dedite alla vendita di generi alimentari, presenti anche sull’altro lato lungo della piazza e precedute da un portico di cui restano alcune basi di colonne e i pilastri angolari, inoltre, alcune di queste tabenae, in età medievale, sono state trasformate in cappelle con la costruzione di un’abside nella parte terminante.
Oltre le botteghe, al centro del lato corto della piazza, sorge il cosiddetto Tempio A, si tratta di un tempio italico su alto podio costruito nel II secolo d.C. e probabilmente dedicato a Giove; affianco al tempio A vi è l’ingresso al macellum, il mercato della carne e del pesce.

(fig 7). veduta dall’alto del macellum
Tale edificio consiste in una serie di botteghe a due piani (il piano terra per la vendita dei prodotti, il secondo fungeva da magazzino o alloggio per gli schiavi che vi lavoravano o per i proprietari stessi della taberna), aperte verso una piazza centrale scoperta, inoltre, all’interno delle botteghe sono ancora visibili le tracce degli intonaci decorati.
Il primo ambiente al di fuori del macellum è un vano scalare che permetteva di accedere alla parte retrostante del Foro o agli ambienti superiori del mercato; da questo ambiente e per tutta la lunghezza del lato si aprono altre tabernae, in una delle quali sono conservati ancora interrati i dolia, grandi vasi per la conservazione di alimenti liquidi (olio e vino) o secchi (grano e leguminose). 
       (fig 8); elaborazione 3D del “tempio B” realizzata dal Laboratorio di Archeologia Digitale                                                   dell’Università di Foggia e visione assonometrica del “tempio B”
queste botteghe sono separate per mezzo di una scalinata, che conduce alla parte retrostante della piazza, dal cosiddetto Tempio B .

(fig 9) esempi di dolia i grandi vasi per la conservazione di liquidi o aridi
Si tratta del tempio più antico del Foro, costruito nella metà del II secolo a.C., è un tempio tuscanico su alto podio al quale si accedeva da un scalinata laterale, che inoltre lo separa dall’ultimo edificio di rilievo della piazza, la basilica.
La basilica è un edificio polifunzionale, vi si potevano cioè svolgere attività commerciali, amministrative, politiche e giuridiche, ed è costituita da un ambiente rettangolare, scandito all’interno da una peristilio, un giro, di colonne (di cui restano in situ le basi e i bei capitelli di stile ionizzante),  con una piccola esedra rettangolare che si apre al centro del lato lungo opposto a quello prospiciente la piazza, dalla quale l’edificio è separato da un portico che borda i due lati a contatto con il Foro e la via.
Con la basilica si torna alla via Traiana e si conclude la serie di monumenti che ornano la piazza forense.
             
 
(fig 10 e 11) pianta della basilica di Herdonia e ricostruzione della città di Herdonia ad opera del Laboratorio di Archeologia Digitale dell’Università di Foggia
Gli scavi hanno portato alla luce anche i resti dell’abitato daunio, sul quale si è impostato quello romano, e i cui materiali insieme a quelli della città romana e medievale sono conservati presso il Museo Civico di Foggia.
Il sito di Herdonia, qui appena accennato, trova una perfetta descrizione in ogni suo particolare e fase archeologica, con approfondimenti sull’economia e sulla situazione generale della Daunia nell’opera Herdonia: una città da scoprire redatto dal professore Volpe e dal professore Mertens.

Giuseppe Pippo è Dottore in Archeologia.  Mail: gius.pippo@gmail.com

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