Nel mese di marzo dell'anno 1944 le truppe alleate si stavano letteralmente logorando nel tentativo di avere la meglio sull'accanita resistenza dell'esercito germanico sulle colline che dominano la città di Cassino.
Il comandante neozelandese generale B.Freyberg, che in quei giorni aveva la responsabilità delle azioni belliche sul fronte della linea Gustav di Cassino essendo subentrato con i neozelandesi agli americani, dopo il consulto con il comandante dei genieri tenente Hanson, decise di tentare una rischiosa manovra di sorpresa su una vecchia mulattiera che dalla contrada Fonnone arrivava fin sotto le mura del monastero di Montecassino.
La vecchia mulattiera, usata per vari scopi dai residenti, si inerpicava per un primo tratto fin dove aveva inizio il Vallone del Dente, poi si allargava attraversando il pendio denominato Terra Rossa e si innestava quindi con la strada che dalla Masseria Albaneta arrivava quasi sotto il monastero di Montecassino. All'inizio del mese di marzo sotto una continua cortina fumogena e con delle reti mimetiche di protezione iniziarono i lavori di ampliamento del percorso, anche con l'ausilio di alcuni bulldozer e di forti cariche esplosive per rendere il tracciato percorribile ad una colonna di carri armati.
L'undici marzo i lavori erano terminati e i nemici non si erano accorti di niente. La mattina del diciannove, giorno di S.Giuseppe , dopo quattro giorni dal tremendo ed inutile bombardamento della città di Cassino, circa una quarantina di carri armati sherman, stuart e cannoni semoventi , provenienti da diverse strade per non essere visti dal nemico si trovarono all'imbocco della Cavendish Road, alla contrada Fonnone e iniziarono la salita per prendere alle spalle l'abbazia per porre così fine alla strenua resistenza del nemico. Se il tentativo fosse riuscito si sarebbe evitato sicuramente il sacrificio di molte migliaia di vite umane. Ma la mancanza dell'apporto della fanteria, impegnata quel giorno nel tentativo di conquistare la Rocca Janula, la difficoltà di manovra dei mezzi pesanti su una carreggiata comunque stretta e la tardiva ma efficace resistenza dei tedeschi che fecero saltare in area il primo dei carri, impedendo il proseguimento agli altri, mandarono a monte il tentativo e nel pomeriggio solo alcuni carri fecero ritorno alla base di partenza.
Ripercorrendo oggi la Cavendish Road, rasentando il primo tratto che costeggia il Vallone del Dente nel quale il 19 marzo finirono due carri armati, significa ripercorrere in uno scenario di serenità e di idilliaco contatto con la natura uno dei percorsi che 72 anni fa vide scorrere copiosi rivoli di giovane sangue di soldati di diverse nazionalità accorsi su quelle rocce per combattere un nemico comune che, se avesse vinto, avrebbe causato una tremenda scossa alla vita di molti milioni di persone. Ma come di un appetitoso pranzo bisogna saper gustare ogni pietanza, così di una interessante escursione bisogna saper apprezzare e conoscere ogni tratto, facendo spaziare intorno lo sguardo e notando ogni particolare. Un occhio attento, a circa metà del primo tratto, sulla destra noterà una croce con su scritti i nomi di alcuni ragazzi che nell'immediato dopo guerra persero la vita giocando con un residuato bellico mentre pascolavano le pecore.
Nel Vallone a sinistra sono ancora visibili i resti dell'acquedotto romano con dei reperti bellici non ancora esplosi. Al culmine del Dente , si scorge sulla sinistra l'entrata della grotta dei banditi, una grotta nella quale cercavano rifugio alcuni briganti 500 anni prima, carichi di bottino che andò perduto tra le rocce nel momento in cui furono assaliti dai gendarmi dell'antica città di San Germano.
Conoscendo poi l'ultraottantenne Angelo Nardone l'escursionista potrà ascoltare il resoconto dell'incontro che 72 anni fa egli, allora giovanotto, ebbe il giorno di San Benetto con uno dei carristi di quella famosa colonna che scampato alla distruzione del suo mezzo rimase nacosto per due giorni in un anfratto, scendendo a valle una volta sentitosi in salvo.
Il giovane Angelo, sfollato presso gli alleati a S.Michele, ritornava periodicamente alla sua casa diroccata sotto il vallone del Dente per prendere cose nascoste in vari rifugi al momento in cui la famiglia aveva dovuto abbandonare la propria abitazione. Sono questi particolari che rendono indelebile il ricordo nella mente di chi l'ha compiuta quella escursione e che spingono e predispongono l'anima e il corpo ad intraprenderne un'altra.
Ringrazio lo storico locale Sergio Saragosa per il contributo ricevuto e Salvatore Panzini per le meravigliose foto.