01 Febbraio 2024

A Palazzo Pitti per la mostra delle Icone Russe

di Andrea Somigli
La raccolta di icone russe della Gallerie degli Uffizi comprende una settantina di tavole dipinte, eseguite fra il XVI e il XVII secolo, pervenute a Firenze in epoche diverse nelle collezioni delle famiglie regnanti Medici prima e Lorena poi

Esplorare le sale di Palazzo Pitti lascia sempre qualche emozione nuova, una curiosità, un non visto, anche se le frequentazioni nel tempo non sono mancate. Il palazzo dal nucleo originale della famiglia Pitti è poi diventato in epoche successive la dimora di tre dinastie regnanti: Medici, Lorena e Savoia, con successivi ampliamenti, adattamenti e ritocchi. Oggi è una galleria museale inserita nel più ampio marchio Gallerie degli Uffizi, comprende cinque musei separati e conserva molto di quel patrimonio artistico e di collezioni che l’ultima discendente Medici, Anna Maria Luisa “l’elettrice Palatina” volle lasciare alla città e alla Toscana in generale. Dopo di lei arrivarono i Lorena, che non rimasero inoperosi sia per gli adeguamenti che per crescere le collezioni, oggi facenti parte del Museo.

Sabato 20 Gennaio 2024, accompagnati dalle nostre preziose guide, abbiamo visitato gli ambienti del piano terra attorno al meraviglioso cortile che nei fasti rinascimentali, riempito di acqua, vedeva svolgersi gli spettacoli speciali dedicate alla corte e ai loro ospiti. Prima sul lato destro del cortile le “icone Russe” nel corpo della Cappella Palatina, poi nell’ex Museo degli Argenti, “i tesori dei Granduchi”.

La raccolta di icone russe della Gallerie degli Uffizi comprende una settantina di tavole dipinte, eseguite fra il XVI e il XVII secolo, pervenute a Firenze in epoche diverse nelle collezioni delle famiglie regnanti Medici prima e Lorena poi. La parola icona deriva dal greco e significa immagine, ritratto. Nella religione cristiana ortodossa, l'icona è uno strumento con cui il devoto entra in contatto con la divinità, è una finestra sul mondo celeste che rende visibile ciò che è divino. Poiché Dio è immutabile, anche le icone risultano conformi a modelli canonici che si ripetono nei secoli e che possono far sembrare simili icone eseguite in tempi molto diversi. Sono raffigurazioni simboliche, non realistiche. L'icona è fedele ai testi sacri e non alla percezione che l'umanità ha del mondo circostante. Il pittore di icone dunque non usa la prospettiva, inserisce elementi paesaggistici solo se connessi con il soggetto sacro, adotta una gamma cromatica convenzionale. Ogni città russa con monasteri di una certa importanza aveva la propria scuola di pittura di icone, che si distingue per peculiarità iconografiche e stilistiche. Le icone più antiche della collezione appartennero alla famiglia Medici e si contraddistinguono per il rivestimento in argento dorato. Nel XVII secolo, ai tempi del governo di Ferdinando II e di Cosimo ll, facevano parte degli oggetti sacri conservati nella cappella delle Reliquie in Palazzo Pitti. Con i Lorena, un gran numero di opere, per lo più realizzate fra il 1700 e il 1740, si aggiunse al primo nucleo. La provenienza è incerta, ma la tesi più accreditata le vedrebbe quale riconoscimento destinato a Francesco Stefano di Lorena che fece costruire a Livorno la prima chiesa ortodossa in Toscana.

La chiesa ortodossa, che è forse la più vicina a quella cristiana, ha sfumature diverse a seconda del paese in cui viene professata, mantiene tutt’oggi a Firenze almeno tre chiese di riferimento: San Simone e Giuda (Uk) San Jacopo Soprarno (Gr) e la Natività di cristo (RU).

L'insieme (72 icone) costituisce la più antica collezione di icone russe fuori dalla Russia. Le sale che accolgono la collezione di icone russe fanno parte dell'ampliamento del palazzo Pitti progettato da Bartolomeo Ammannati in occasione delle nozze celebrate nel 1661 fra l'erede al trono di Toscana Cosimo lll e Marguerite Louise d'Orléans, che vennero destinate a dimora estiva dei principi sposi.

A partire dal 1766, per volontà del granduca Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena fu rivisto il vestibolo ed il salone di rappresentanza dell'appartamento dei principi venne trasformato in una Cappella detta Palatina ad uso collettivo la famiglia granducale, in sostituzione delle piccole cappelle private esistenti nei vari appartamenti.

Tutta la decorazione pittorica della cappella e del vestibolo d'ingresso seguono il tema biblico del vestibolo, ed integra la fastosa decorazione pittorica realizzata in precedenza per le nozze di Cosimo lll di cui rimangono alcune testimonianze nelle sale successive.  Di particolare pregio è l’altare, alta espressione artistica della manifattura granducale specializzata nella lavorazione delle pietre dure. Completa la cappella la parete di fondo, che ospita l'altare, dove fu aperta la grande finestra ad arco e vennero realizzate le cantorie, all'entrata, e il palco per la famiglia del sovrano a destra dell'altare.

Attraversato l’ampio cortile incassato sotto il parco di Boboli, prima di entrare nell’altra ala del Tesoro dei Granduchi una curiosità; ci soffermiamo ad omaggiare la Mula. I duchi vollero ricordare in un bassorilievo bicromo l’animale che dopo anni di onorato servizio “con il suo sacrificio tirò, trasportò pietrame, marmi, legnami, colonne", lavorando per anni nel cantiere di Palazzo Pitti, raggiunse la “pensione”.

Il benvenuto nell’ala sinistra, negli ambienti di quello che fu l'appartamento d'estate della famiglia Medici, è dato dalle statue dei due Nani di Corte il famoso Morgante e Barbino. Già dovremmo parlare delle sale le cui pareti, furono interamente affrescate in occasione del matrimonio fra Ferdinando II de' Medici e Vittoria della Rovere (1637). Ma siamo più attratti dal prezioso "Tesoro dei Medici": tavoli e mobili in commesso di pietre dure, cristalli di rocca, una raccolta di avori e di ambre, oggetti di arte esotica e i gioielli dell'Elettrice Palatina, ultima erede della dinastia. Gli argenti provengono dal cosiddetto "Tesoro di Salisburgo", cioè dalle collezioni dei vescovi di Salisburgo, portate a Firenze da Ferdinando III di Lorena. Ma anche porcellane orientali e maioliche con una storia lunghissima dal quattrocento mediceo fino all’arrivo dei Savoia nell’ottocento. Difficile elencare le cose più belle, anche perchè i gusti possono propendere per l’una o l’altra collezione, personalmente ne segnalo due ma so di essere troppo irrispettoso delle altre.

Lo stipo dell’elettore palatino costituisce uno dei pezzi più significativi prodotti dalla Galleria dei Lavori, manifattura artistica specializzata nella lavorazione delle pietre dure, che prenderà il nome di Opificio delle Pietre Dure sotto la dinastia dei Lorena. Commissionato da Cosimo III de' Medici nel 1707 come regalo per il genero in occasione del matrimonio con Anna Maria Luisa, come altre opere ritornò a Palazzo Pitti al suo seguito, nel 1717, quando l'Elettrice Palatina rimasta vedova e fece ritorno a Firenze.

La fiasca in Lapislazzuli, oro fuso, cesellato e smaltato, rame dorato capolavoro uscito dalle botteghe del Casino di San Marco istituite da Francesco I de' Medici nella seconda metà del Cinquecento