30 Luglio 2020

Come nasce una Galleria

di Redazione Cralt Magazine
La Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Venezia a Ca' Pesaro

Alla fine dell'Ottocento Venezia non ha una Galleria d'Arte Moderna, mentre Roma ha la sua dal 1883, Torino dal 1863, Trieste dal 1869. Perciò quando nel 1897 il sindaco Filippo Grimani riceve dal ventunenne principe Alberto Giovannelli una missiva con l'offerta di una collezione di otto opere acquistate nella seconda edizione dell'Esposizione Internazionale d'Arte in corso in laguna, dopo 48 ore già la legge in consiglio comunale, e quello è il momento in cui viene concepita quella che oggi è la Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro

Di nobile famiglia veneziana, il giovane principe Giovannelli coglie il bisogno della città ancor prima del proprio: non sarà mai un grande collezionista di arte moderna, sarà sempre un grande donatore per la Galleria. A Venezia la situazione dei musei non è eccelsa e non solo per la carenza di arte moderna: ci sono le Gallerie dell'Accademia, con le donazioni delle grandi famiglie veneziane, il recente Museo Civico e Raccolta Correr nel Fondaco dei Turchi, ma poco altro, e lo stesso Palazzo Ducale fino al 1923 è sede della Biblioteca Marciana, con accessibilità molto ridotta.

Il gesto di Giovannelli, che dona il primo nucleo della futura collezione di Ca' Pesaro, viene emulato. Il barone Franchetti della Ca' d'Oro, il barone Ernst Seeger, l'Associazione Industriali e Commercianti di Venezia, gli albergatori e il Re Umberto I acquistano alla Biennale e donano alla città decine di dipinti, sculture, disegni, incisioni, nel giro di pochi mesi si accumulano una settantina di opere. In attesa di trovare una sede alla Galleria vengono messe al piano nobile di Palazzo Foscari, il municipio, ma quando nel 1899 per la terza edizione dell'Esposizione Internazionale d'Arte anche il Comune stanzia una discreta somma per degli acquisti, circa 40mila lire, ai quali si aggiungono altre donazioni, la Galleria va trovata. Giusto nel 1898 alla città è stato donato anche Palazzo Pesaro, da parte della duchessa Felicita Bevilacqua La Masa, ma con una clausola: che venisse destinato all'arte dei giovani esclusi dalla grande scena, quella appunto della Biennale.

Nonostante ciò, nel 1902 è deciso: la Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Venezia va a Ca' Pesaro. Con un'inagurazione e un primo allestimento passati in sordina: non ne è rimasta neppure una fotografia.

Dopo la prima ondata di acquisti degli illustri donatori e con il denaro della città arriva la necessità di dare un senso alle acquisizioni, di lasciarle meno al caso, di formare una commissione d'acquisto. Ce ne sono state diverse, e sicuramente la loro composizione ha influito sulle scelte, per motivi culturali e per altri meno poetici e più corporativi, ma nella Galleria in pochi anni entrano centinaia di opere. Molti sono nomi di artisti importanti ma sconosciuti fuori dal perimetro degli appassionati, insieme compongono una variegata scena internazionale, soprattutto europea, una summa delle correnti principali dell'epoca, tra loro spiccano opere e artisti divenuti già allora noti anche per il grande pubblico dell'arte e oggi molto amati dai frequentatori di Ca' Pesaro: Rodin con I Borghesi di Calais e Il Pensatore, le Signorine di Casorati, la Giuditta di Klimt. Nel corso del Novecento, dal secondo dopoguerra in poi, grazie ad altre donazioni entreranno in Galleria a Ca' Pesaro importanti opere in quegli anni passate in Biennale ma non allora acquistate.

Venezia con fortune alterne mette per ogni Esposizione biennale una somma a disposizione della commissione giudicatrice, che segnala anche alcune opere ai donatori della Galleria. Per la quinta edizione nel 1903 la città ha a disposizione ben 100mila lire, frutto di una sottoscrizione promossa da governo, banche e nomi pesanti di imprenditoria e nobiltà, nel 1910 la disponibilità di denaro è ben più limitata con circa 25mila lire. Ma proprio nel 1910 è acquistata la Judith II di Gustav Klimt (data l'esiguità delle risorse giudicata più approcciabile di un'opera di Jozef Israel) che resta uno degli acquisti più costosi della Biennale fino al 1914 con le sue 9.900 lire, quanto costò l'altra opera acquistata in quella edizione, la Signora in rosa di John Lavery (l'acquisto più costoso del periodo resta Cucendo la vela di Joaquìn Sorolla, per 11mila lire). Nel frattempo si aggiunge la consuetudine per i benefattori di donare alla Galleria non solo opere transitate per la Biennale.

Gli stessi artisti hanno contribuito alla costruzione della prima collezione della Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Venezia. La prima opera registrata negli archivi non fu infatti una di quelle donate dal principe Giovannelli: lo scultore Charles van der Stappen aveva deciso di donare a Venezia il suo David all'apertura della I Esposizione internazionale, nel 1895 (la scultura è andata distrutta nel 1944). Una delle collezioni più preziose di Ca' Pesaro fu donata nel 1914 da Etha Fles, la compagna di Medardo Rosso, un suo nucleo di sette sculture di cera, fra le quali Madame X

La Biennale è sempre stata teatro dei conflitti che attraversano l'arte, ormai storicizzato e ben noto è quello tra figurazione e astrazione che si è consumato nel secondo dopoguerra, che determinò scelte anche laceranti fra gli artisti. E non solo, a giudicare da questi due servizi sull'Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia nel 1960 (per vederli cliccare sull'immagine). Entrambi critici e perplessi quando non sarcastici, il secondo addirittura perfido e vendicativo, sono uno sguardo interessante sulla storia dell'informazione sull'arte, offerto dal sempre prezioso Istituto Luce.

Fonte: Fondazione Musei Civici di Venezia www.visitmuve.it  

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