22 Aprile 2019

Come l’uomo può vivere più di 120 anni

di Stefano Torcellan
Il metodo dietetico di Tommaso Giannotti Rangoni, medico veneziano del XVI secolo

Personaggio assai originale Tommaso Giannotti. Nato a Ravenna nel 1483 da una famiglia facoltosa. Compì studi di filosofia, di medicina e di astrologia, allora ritenuta complementare alla medicina. A ventisette anni si trasferì a Modena, al seguito del conte Guido Rangoni come astrologo e medico. Per i suoi meriti acquisì il cognome del conte, che mantenne per tutta la sua lunga vita.

A quarant’anni, Tommaso Rangoni detto “Philologus” (attributo che si accreditò per i suoi studi umanistici) si trasferì a Venezia, tralasciando i vaticini ed i pronostici astrologici che lo resero ricco e famoso, per dedicarsi alla medicina .

Fu attento conoscitore ed estimatore di spezie esotiche, piante officinali e radici provenienti dalle Indie e dal Nuovo Mondo, mediante le quali tentò di offrire opportuno rimedio ad alcune patologie, tra cui la sifilide, allora conosciuta come Mal Gallico, che si riteneva importata dai marinai provenienti dalla Americhe, come punizione divina.

Con scrupolosa metodologia e dedizione scrisse numerose opere scientifiche, alcune di grande successo, combinando medicina, anatomia, astrologia, botanica e, a volte, pizzichi di magia.

Probabilmente la sua opera più famosa ed imitata, fu il “De vita hominis ultra CXX anno protrahenda”, (Come l’uomo può vivere più di 120 anni), del 1550.

Si richiamava alle fonti antiche le quali narravano di uomini vissuti per centinaia di anni, però, nessuna di queste fonti, spiegava come facessero ad invecchiare così lentamente!

Agostino, nella “Città di Dio”, ci dice che prima del diluvio molti uomini potevano vivere più di 900 anni, con chiaro riferimento ad Adamo, Matusalemme ed altri patriarchi. Noè aveva 600 anni all’epoca del diluvio. In tempi più recenti, Attila “il terribile” morì nel 500 d.c., a 121 anni, mentre un soldato di Carlo Magno visse 306 anni, e via dicendo.

Le pretese del “Philologus” furono più morigerate e decise di riferirsi ai 120 anni, reinterpretando ottimisticamente la dimensione vitale imposta da Jahvè in Genesi 6,2-3 [2 i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. 3 Allora il Signore disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni»].

Pertanto ideò un sistema dietetico-farmacologico propedeutico al prolungamento della vita, attingendo alle opere di Galeno e Avicenna. In quei testi e secondo la dottrina medica della complessione (caldo-secco, freddo-umido) viene descritto come, il calore e l’“humidum radicale” (fondamento della vita) fossero condensati nella giovinezza. E come la dispersione implacabile di tali elementi generasse una sorta di entropia fisiologica e, con essa, il lento decadimento organico combinato alla secchezza e alla rigidità, tipiche della vecchiaia. Ma, se tali elementi fossero stati corroborati con l’“humidum radicale” secondo le prescrizioni del “Philologus”, allora sarebbe stato possibile ritardare la dispersione e protrarre la vita.

Ma ancora non bastava perché, tali speculazioni, dovevano essere corroborate da un mirato percorso dietetico e da un attento regime di vita, definiti “retardanda”, concretizzati attraverso misture di cibi scelti e con la somministrazione di farmaci segreti, di cui Tommaso Rangoni deteneva rigorosamente le formule che portò nella tomba, all’interno di un cofanetto che gli faceva da cuscino.

In una “grande continentia nel mangiare & bevere senza sazietà” sta la formula entro la quale forse poteva essere ricondotta una buona parte della sua ricerca sull’allungamento della vita, tra l’altro mutuata anch’essa dalle opere di medici antichi; una regola tuttora valida ed auspicata!

Per quanto mi risulta, non ci è dato a sapere se ci fu chi visse oltre i 120 anni sottoponendosi al metodo dietetico del “Philologus”. Certamente l’opera ebbe successo, perché seppe stimolare speranze, fomentare aspettative e far incassare sostanze, in parte devolute in beneficenza. C’è però notizia di un suo concittadino, più vecchio di lui di ventuno anni, Luigi Cornaro nobile veneziano, che morì nel 1566 a 104 anni. Vivendo nella stessa città è verosimile supporre che il nobiluomo conoscesse l’insigne medico empirico ed il suo libro più accattivante per ostacolare la vecchiaia.

Il cenotafio di Tommaso Rangoni è posto sopra il portale della chiesa di san Zulian, a Venezia -vicinissima a piazza san Marco- da lui riedificata con grande munificenza economica, su disegni del Sansovino. Il monumento è composto dalla statua di bronzo che lo ritrae seduto sulla propria tomba di marmo vuota, con un rametto di una pianta salutifera nella mano destra, la Huysan Beata Radice e una tavola astrologica nella sinistra. Tre iscrizioni in greco, latino ed ebraico incensano ulteriormente il personaggio, morto nel 1577 a 94 anni, potremmo dire con un velo di malizia, in “anticipo” di 26 anni rispetto alle aspettative minime della sua dottrina, molto probabilmente debilitato dalla pestilenza che infestò la città l’anno precedente•