20 Marzo 2020

Chimere, basilischi e unicorni

di Redazione Cralt Magazine
CraltMagazine appoggia la campagna #IoRestoaCasa con la Fondazione Musei Civici di Venezia e altre realtà museali italiane. Se non potete venire nei musei, sono i musei a venire da voi. Ogni giorno una storia, un gioco, un'opera, non per consolazione ma perché l'arte è vita e la vita è, anche, arte. Noi da oggi ve le proporremo così come verranno editate

La natura è meravigliosa, ma può diventare spaventosa. Lo sapevano bene anche gli antichi confezionatori di chimere e basilischi, che componevano pezzi di animali diversi, con l'aggiunta talvolta di occhi di vetro, per creare mostri. Nel Museo di Storia Naturale di Venezia Giancarlo Ligabue ne sono conservati due esemplari, in spazi ispirati dalle Wunderkammer, le cinquecentesche “camere delle meraviglie” costruite nelle abitazioni di ricchi nobili collezionisti e di qualche studioso. Non di rado vittima di truffatori, come raccontò anche Carlo Goldoni nel suo La bottega dell'antiquario, con il conte Anselmo buggerato da Arlecchino e Colombina che travestiti gli vendono finti fossili in cambio di zecchini d'oro, e pure gli animali fantastici erano ceduti a peso d'oro.

La chimera del Museo che somiglia a una sirena è di difficile datazione e provenienza sconosciuta: inizialmente venne descritta come “torso di scimmia unito a una coda di pesce”, ma recenti interventi di restauro hanno rivelato una natura più complessa, con parti in legno, peli e unghie di mammifero e parti diverse di pesci.

Il basilisco invece è composto a partire da un pesce angelo di piccole dimensioni, molto usato in quest'arte mistificatoria con altri pesci cartilaginei, come la razza chiodata. Il suo autore parrebbe essere Leone Tartaglini, celebre cinquecentesco imbalsamatore e ciarlatano di origini toscane che visse a Venezia, dove pubblicò anche due libelli (oggi conservati alla Marciana) e produsse la polvere corallina, usata come vermifugo, per la quale ricevette nel 1563 la licenza dei provveditori alla Sanità.

La moda della collezione di oggetti naturali esotici e bizzarri dei secoli XVI e XVII faceva accogliere anche l'inverosimile, per poter sfoggiare reperti esclusivi, ma già da allora ci furono dubbi sulla loro veridicità. Mentre su oggetti reali si creavano leggende, come per il dente del narvalo, anche questo nella collezione del Museo di Storia Naturale con pezzi di diverse misure e provenienze, che fino al Settecento si credette fosse il corno dell'Unicorno.

Anche il Museo di Storia Naturale di Venezia Giancarlo Ligabue è visitabile in Google Arts & Culture con tour virtuali e il Museo delle Emozioni.